Arrivato sotto le mura di Milano, Renzo entra nella città attraverso
Porta Nuova, corrompendo con una moneta, la guardia che
avrebbe dovuto vietare l'ingresso a chiunque non avesse mostrato un
certificato di buona salute. Il giovane, arrivato poi al
Naviglio, va incontro ad un passante con la sola intenzione di chiedere
le indicazioni necessarie a raggiungere l'abitazione di Don Ferrante;
l'uomo però, credendo che il ragazzo è un untore (questa sarà la sua
versione dei fatti per tutto il resto della sua vita), lo tiene lontano
con il bastone, minacciando di usarlo contro di lui. Proseguendo il suo
cammino, Renzo viene richiamato da una donna, affacciata con i suoi
figli al terrazzo di una abitazione, che gli chiede di avvertire il
commissario della loro condizione: essendo morto di peste suo marito, la
loro porta di casa è stata chiodata, nessuno passa però a portarle da
mangiare ed adesso rischia di morire di fame insieme ai figli. Renzo le
dona i due pani acquistati a Monza (ed è una forma più nobile di
restituzione di quelli trovati per strada il giorno del tumulto di San
Martino) e promette di fare il possibile per aiutarla. In piazza San
Marco il ragazzo vede una macchina della tortura ed assite poi al
passaggio di un apparitore e dei monatti che guidano alcuni carri
carichi di cadaveri. Procedendo oltre, Renzo incontra un prete che, pur
mantenendo da lui ad una certa distanza e tenendo davanti a sé un
bastone come difesa, gli indica finalmente il percorso da seguire per
raggiungere la casa di Don Ferrante ed accetta anche di prendersi cura
del caso della donna chiusa in casa. Il giovane riprende il cammino ed
il senso di angoscia comincia a crescere in lui. Sta ormai per
raggiungere la sua destinazione ed ha paura di quella che sarà la verità
che dovrà affrontare. La desolazione, la tristezza e le scene di dolore
e di morte che è costretto a vedere lungo il suo percorso non lo
aiutano certo a trovare conforto e coraggio. La scena più toccante
gliela offre una giovane donna, di rara bellezza, che porta la sua
figlia morta, di nome Cecilia, sul carro dei monatti per poi fare
ritorno a casa ed aspettare la morte insieme alla sua altra figlia.
Dopo aver incontrato un gruppo di malati che vengono condotti al
Lazzaretto, Renzo raggiunge infine l'abitazione di donna Prassede e don
Ferrante, ed una donna da dentro casa lo informa con fare brusco che
Lucia si trova anch'essa al Lazzaretto. Il giovane rimane per un poco di
tempo vicino alla porta, è chiaramente arrabbiato ed agitato, ed il suo
strano comportamente lo fa credere un untore da una donna poco distante
da lui. Al grido di lei ,
accorre un piccola folla ed il giovane è costretto a scappare per
salvarsi. Le urla degli assalitori attirano altre persone e quando Renzo
si accorge di avere la via bloccata in entrambe le direzioni, si fa
coraggio e salta su un carro carico di cadaveri, condotti
verso il luogo di sepoltura. Il protagonista viene accolto festosamente
dai monatti, che lo ringraziano per la sua attività di untore e lo
aiutano anche a mettere in fuga la folla, brindando infine alle numerosi
morti. Giunto al corso di porta orientale, da lui percorsa più volte
durante i giorni del tumulto, Renzo salta giù dal carro e si dirige
verso il Lazzaretto. Dopo esser passato attravero una immensa folla di
ammalati, raggiunge infine la porta d'ingresso di quel triste ospedale.
lunedì 27 agosto 2012
giovedì 2 agosto 2012
Riassunto capitolo 33 Promessi sposi
Verso la fine d’agosto, Don Rodrigo inizia ad avvertire uno
strano malessere mentre sta tornando a casa da una festa. Arrivato a casa, viene accompagnato
subito nella camera da letto dal Griso, uno dei pochi servitori rimasti
ancora vivi, e dopo un lungo rigirarsi nel letto riesce finalmente ad
addormentarsi. Il sonno non è però tranquillo infatti si sveglia di continuo e , ad un tratto, urlando, si
guarda il fianco sinistro e scopre di avere un bubbone: è malato di
peste. Terrorizzato non solo dalla morte ma anche dall'idea di essere condotto dai monatti al Lazzaretto, l'uomo chiama il Griso (che con un
colpo d'occhio si accerta del presentimento avuto la sera prima) e gli
ordina di andare a chiedere soccorso ad un chirurgo noto per tenere
nascosti gli ammalati. Il bravo si prende carico della missione ma
tradisce però il padrone, liberando la casa dagli altri servitori con falsi incarichi e andando a chiamare lui stesso i monatti, per dividere con loro
il tesoro di Don Rodrigo. Mentro il tiranno viene portato al
Lazzaretto, il Griso fruga tra gli averi del padrone ma spinto dalla
cupidigia non esita anche a toccarne i vestiti infetti: morirà il giorno
dopo.
Nel frattempo Renzo, iniziata la guerra tra la repubblica Veneta e la Spagna, e cessato quindi ogni timore di ricerche, era tornato nel paese di Bortolo. Giunta la peste anche nel bergamasco, Renzo si era anche lui ammalato ma era infine riuscito a guarire.
Ritornato ora in salute, il giovane decide di tornare al suo paese per accertarsi della condizione di Agnese, e di raggiungere poi Milano, dove sa che si trova Lucia, per convincere la ragazza ad abbandonare il voto ma non la riesce a trovare. Per strada incontra Don Abbondio, anche lui guarito dalla peste, che lo informa del fatto che Agnese si trova a Pasturo in Valsassina da suoi parenti, che Lucia si trova ancora a Milano, che anche Don Rodrigo si trova a Milano, che Perpetua è morta e che padre Cristoforo non ha fatto ancora ritorno. Sapute le intenzioni del giovane, il religioso tenta inutilmente di convincerlo a fare ritorno nel territorio di Bergamo, per evitare che vada a cacciarsi nei guai e soprattutto, con il solito egoismo, per evitare che ne crei a lui stesso. Renzo fa poi visita alla sua vigna ed alla sua abitazione e trova solo degrado e distruzione. Si reca infine alla casa di un suo vecchio amico, da quale riceve ospitalità. Durante la cena, mentre i due si scambiano informazioni, il giovane viene a conoscenza del casato di Don Ferrante e viene anche a sapere che il podestà e buona parte degli sbirri sono morti: si convince così di andare direttamente a Milano, senza nessun timore della giustizia.
Il giorno dopo Renzo riprende il suo viaggio. Prima di arrivare a Milano si ferma in una bottega di Monza ed acquista due pani da tenere in tasca in caso di necessità.
Nel frattempo Renzo, iniziata la guerra tra la repubblica Veneta e la Spagna, e cessato quindi ogni timore di ricerche, era tornato nel paese di Bortolo. Giunta la peste anche nel bergamasco, Renzo si era anche lui ammalato ma era infine riuscito a guarire.
Ritornato ora in salute, il giovane decide di tornare al suo paese per accertarsi della condizione di Agnese, e di raggiungere poi Milano, dove sa che si trova Lucia, per convincere la ragazza ad abbandonare il voto ma non la riesce a trovare. Per strada incontra Don Abbondio, anche lui guarito dalla peste, che lo informa del fatto che Agnese si trova a Pasturo in Valsassina da suoi parenti, che Lucia si trova ancora a Milano, che anche Don Rodrigo si trova a Milano, che Perpetua è morta e che padre Cristoforo non ha fatto ancora ritorno. Sapute le intenzioni del giovane, il religioso tenta inutilmente di convincerlo a fare ritorno nel territorio di Bergamo, per evitare che vada a cacciarsi nei guai e soprattutto, con il solito egoismo, per evitare che ne crei a lui stesso. Renzo fa poi visita alla sua vigna ed alla sua abitazione e trova solo degrado e distruzione. Si reca infine alla casa di un suo vecchio amico, da quale riceve ospitalità. Durante la cena, mentre i due si scambiano informazioni, il giovane viene a conoscenza del casato di Don Ferrante e viene anche a sapere che il podestà e buona parte degli sbirri sono morti: si convince così di andare direttamente a Milano, senza nessun timore della giustizia.
Il giorno dopo Renzo riprende il suo viaggio. Prima di arrivare a Milano si ferma in una bottega di Monza ed acquista due pani da tenere in tasca in caso di necessità.
Riassunto capitolo 32 Promessi sposi
Tra carestia, guerra e peste, la spesa pubblica divenne insostenibile.
Venne chiesto l'intervento del governatore Spinola, ma costui, impegnato
nella guerra di successione al ducato di Mantova e del Monferrato (che
dopo tante morti si risolverà con il riconoscimento del successore
legittimo, Carlo Gonzaga), trasferì la propria
autorità al cancelliere Ferrer, lavandosene quindi di fatto le mani.
Intanto nel
Lazzaretto si arrivò ad avere fino a sedicimila ospiti, la mortalità giornaliera superò quota tremila e la popolazione milanese si ridusse di due terzi. Il numero di cadaveri continuò ad aumentare e non si riuscì più a stare dietro alle sepolture. La fossa vicino al Lazzaretto era inoltre ormai colma di morti. Ancora una volta venne chiesto l'aiuto dei frati cappuccini e nel giro di quattro giorni, con la realizzazione di altre tre fosse comuni, il problema venne risolto. Grazie alla carità di alcuni privati le spese pubbliche più urgenti poterono essere sotenute.
Il peggioramento della situazione contribuì a dare nuova forza alla paura della popolazione nei confronti degli untori, fino a farla divenire vera e propria pazzia. Dietro alle azioni degli untori iniziò ad essere vista la mano del diavolo, la gente inziò a dubitare dei loro stessi parenti, iniziarono a diffondersi storie deliranti e si arrivò anche ad attribuire la causa della peste al passaggio di una cometa. Il delirio iniziò a coinvolgere gli stessi medici che fin dal principio aveva combattuto da soli contro la pubblica ignoranza. Lo stesso cardinale Federigo Borromeo non escluse l'esistenza di untori e di ungenti velenosi. I pochi che riuscirono fino all'ultimo a mantenersi lucidi ed a ragionare, tanto da ritenere assurde le opinioni popolari, non vollero però ovviamente esporsi per prudenza. I magistrati, confusi e ridotti in numero ogni giorno di più, si dedicarono quasi solo alla ricerca degli untori: numerosi furono i processi ed altrettanto numerose le condanne di innocenti, accusati di aver propagato la peste.
Lazzaretto si arrivò ad avere fino a sedicimila ospiti, la mortalità giornaliera superò quota tremila e la popolazione milanese si ridusse di due terzi. Il numero di cadaveri continuò ad aumentare e non si riuscì più a stare dietro alle sepolture. La fossa vicino al Lazzaretto era inoltre ormai colma di morti. Ancora una volta venne chiesto l'aiuto dei frati cappuccini e nel giro di quattro giorni, con la realizzazione di altre tre fosse comuni, il problema venne risolto. Grazie alla carità di alcuni privati le spese pubbliche più urgenti poterono essere sotenute.
Il peggioramento della situazione contribuì a dare nuova forza alla paura della popolazione nei confronti degli untori, fino a farla divenire vera e propria pazzia. Dietro alle azioni degli untori iniziò ad essere vista la mano del diavolo, la gente inziò a dubitare dei loro stessi parenti, iniziarono a diffondersi storie deliranti e si arrivò anche ad attribuire la causa della peste al passaggio di una cometa. Il delirio iniziò a coinvolgere gli stessi medici che fin dal principio aveva combattuto da soli contro la pubblica ignoranza. Lo stesso cardinale Federigo Borromeo non escluse l'esistenza di untori e di ungenti velenosi. I pochi che riuscirono fino all'ultimo a mantenersi lucidi ed a ragionare, tanto da ritenere assurde le opinioni popolari, non vollero però ovviamente esporsi per prudenza. I magistrati, confusi e ridotti in numero ogni giorno di più, si dedicarono quasi solo alla ricerca degli untori: numerosi furono i processi ed altrettanto numerose le condanne di innocenti, accusati di aver propagato la peste.
mercoledì 1 agosto 2012
Riassunto capitolo 31 Promessi sposi
In questo capitolo si mette in evidenzia il comportamento di una popolazione spaventata a causa della carestia e dell' aumentare della mortalità a causa della peste. Sul finire del mese di Marzo le morti iniziarono a diventare frequenti e fu difficile nascondere la verità. Per non dover ammettere la propria ignoranza ed i propri errori, non si parlò però ancora di peste ma di febbre pestilenziale. I magistrati iniziarono comunque a dare maggior ascolto alle richieste della sanità. Anche tra il popolo iniziò a vacillare il voler negare a tutti i costi l'esistenza della peste, ma la reale causa del contagio non venne comunque accettata: per la gente l'origine del male erano veleni contagiosi, operazioni diaboliche e malefici. Nonostante le continue morti, non tutti erano ancora persuasi che si trattasse effettivamente di peste. Per togliere ogni dubbio, per convincere il popolo, spaventarlo e farsi dare ascolto, il tribunale della sanità approfittò di una festa religiosa per trasportare in mezzo alla folla, in bella mostra, i corpi di un'intera famiglia appena morta, con segni evidenti della malattia. Si trattava finalmente per tutti di peste si capì che l' origine delle morti provenivano proprio da questa malattia.
Riassunto capitolo 30 Promessi sposi
Riprendendo il viaggio verso il castello dell'Innominato, Agnese,
Perpetua e Don Abbondio incontrano subito altre persone che si dirigono a
piedi verso la loro stessa destinazione.
Mentre le donne se ne compiacciono, pensando di aver scelto un posto
sicuro, il religioso si mostra al solito impaurito, temendo che il
castello possa facilmente attirare l'attenzione dei Lanzichenecchi. Arrivati alla taverna della malanotte, i
tre personaggi scendono dal baroccio per proseguire a piedi.
L'Innominato riconosce Don Abbondio e viene loro incontro. Saputo che
una delle due donne è la madre di Lucia, l'uomo la accoglie
calorosamente e si propone quindi di accompagnarli per il resto della
salita. Una volta giunti al castello, Agnese e Perpetua vengono condotte
in una stanza del quartiere assegnato alle donne, don Abbondio in una
delle camere riservate agli ecclesiastici nel quartiere degli uomini.
I giorni passano senza che accada nulla di straordinario. Gli allarmi sono frequeti ma sempre infondati. All'interno del palazzo, per evitare possibili disordini, quasi invevitabili tra gruppi di persone totalmente diverse tra loro, vengono incaricati gli uomini più autoritari per vigilare sulla situazione. Per ripagare in parte l'ospitalità, Agnese e Perpetua si fanno assegnare dei lavori, ai quali dedicarsi per la maggior parte della giornata. Don Abbondio passa invece le giornate senza fare niente, in compagnia delle sue paure.
Giungono ogni giorno al castello notizie dei saccheggi e dei movimenti compiuti da ogni squadrone dell'esercito. Quando arriva la notizia che l'ultima ondadata di armati se ne è andata e che quindi anche i cappelletti avevano smesso di presidiare il confine bergamasco, tutti gli ospiti dell'Innominato riprendono le proprie cose e fanno ritorno alle proprie case. Agnese, Perpetua e Don Abbondio sono gli ultimi ad andarsene: il curato teme di poter incontrare in giro ancora qualche Lanzichenecco rimasto indietro. Il giorno della partenza dei tre ospiti, l'Innominato fa trovare loro pronta una carrozza alla taverna della Malanotte e dona ad Agnese un corredo di biancheria ed un'altra somma di denaro. Durante il viaggio di ritorno al paesello, i tre personaggi fanno un'altra tappa alla casa del sarto. Il suo paese non è stato bersaglio della devastazione portata da Lanzichenecchi e l'uomo racconta le notizie ricevute dai quelli circostanti.La loro invece è stata saccheggiata e anche il tesoro che Perpetua aveva nascosto in giardino è stato rubato. Don Abbondio per questo l’accusa di non aver pestato bene la terra dopo averlo sotterrato e Perpetua allora si arrabbia e gli fa notare che lui, oltre a non essere stato d’aiuto in nessun modo era stato anzi d’impiccio. La gente ha rubato anche tovaglie pregiate e altre cose di Don Abbondio, e questi, che ha paura di tutto e di tutti, non si sogna nemmeno di andare a riprendersele, e per questo Perpetua gli da’ del vigliacco. Manzoni, poi descrive la situazione drammatica: peste, morte, carestia, la disperazione di questa gente. In questo periodo, per diversi motivi, non si hanno le cure adeguate per la peste. Il governo tenta di tacitare la malattia della peste e i suoi effetti, ma purtoppo avanza sempre più provocando continue morti, tra cui Don Ferrante, il marito di Donna Prassede.
I giorni passano senza che accada nulla di straordinario. Gli allarmi sono frequeti ma sempre infondati. All'interno del palazzo, per evitare possibili disordini, quasi invevitabili tra gruppi di persone totalmente diverse tra loro, vengono incaricati gli uomini più autoritari per vigilare sulla situazione. Per ripagare in parte l'ospitalità, Agnese e Perpetua si fanno assegnare dei lavori, ai quali dedicarsi per la maggior parte della giornata. Don Abbondio passa invece le giornate senza fare niente, in compagnia delle sue paure.
Giungono ogni giorno al castello notizie dei saccheggi e dei movimenti compiuti da ogni squadrone dell'esercito. Quando arriva la notizia che l'ultima ondadata di armati se ne è andata e che quindi anche i cappelletti avevano smesso di presidiare il confine bergamasco, tutti gli ospiti dell'Innominato riprendono le proprie cose e fanno ritorno alle proprie case. Agnese, Perpetua e Don Abbondio sono gli ultimi ad andarsene: il curato teme di poter incontrare in giro ancora qualche Lanzichenecco rimasto indietro. Il giorno della partenza dei tre ospiti, l'Innominato fa trovare loro pronta una carrozza alla taverna della Malanotte e dona ad Agnese un corredo di biancheria ed un'altra somma di denaro. Durante il viaggio di ritorno al paesello, i tre personaggi fanno un'altra tappa alla casa del sarto. Il suo paese non è stato bersaglio della devastazione portata da Lanzichenecchi e l'uomo racconta le notizie ricevute dai quelli circostanti.La loro invece è stata saccheggiata e anche il tesoro che Perpetua aveva nascosto in giardino è stato rubato. Don Abbondio per questo l’accusa di non aver pestato bene la terra dopo averlo sotterrato e Perpetua allora si arrabbia e gli fa notare che lui, oltre a non essere stato d’aiuto in nessun modo era stato anzi d’impiccio. La gente ha rubato anche tovaglie pregiate e altre cose di Don Abbondio, e questi, che ha paura di tutto e di tutti, non si sogna nemmeno di andare a riprendersele, e per questo Perpetua gli da’ del vigliacco. Manzoni, poi descrive la situazione drammatica: peste, morte, carestia, la disperazione di questa gente. In questo periodo, per diversi motivi, non si hanno le cure adeguate per la peste. Il governo tenta di tacitare la malattia della peste e i suoi effetti, ma purtoppo avanza sempre più provocando continue morti, tra cui Don Ferrante, il marito di Donna Prassede.
Riassunto capitolo 29 Promessi sposi
Don Abbondio, ricevuta notizia dell'arrivo delll' armata e delle
conseguenze del loro passaggio, è spaventatissimo. Il religioso è
risoluto a scappare prima di tutti, ma non sa dove.
Totalmente sopraffatto dal panico, l'uomo segue per casa Perpetua
cercando consiglio, ma la donna, preoccupata anch'essa, è troppo
impegnata a mettere in salvo gli averi, nascondendoli per la casa o per
l'orto, e quindi lo evita; si affaccia anche alla finestra per chiedere
piagnucolando aiuto alla gente in fuga, ma tutti sono concentrati sui
propri problemi personali e nessun gli presta attenzione.
Agnese nel frattempo, decisa anch'essa a lasciare subito il paese, ma non di seguire l'altra gente, temendo che il denaro che ancora le rimaneva dalla donazione dell'Innominato potessero darle problemi, decide di trovare rifugio nel castello dell' Innominato, e per fare ciò è intenzionata a prendere Don Abbondio come guida. La donna si reca alla casa del curato, la sua proposta viene subito accettata da Perpetua, ed i tre, nonostante i dubbi del religioso, si mettono subito in viaggio. L'ultimo saluto di don Abbondio alla sua chiesa esprime tutto il suo egoismo "al popolo tocca a custodirla, che serve a loro". Giunti nel paese del sarto, i tre personaggi si fermano a pranzare nella casa dell'uomo che tenta di rassicurarli. Dopo pranzo, il sarto fa chiamare infine una baroccio ed i tre riprendono il loro viaggio verso il castello.
Dal giorno dell'incontro con il cardinale Federigo Borromeo, la vita dell'Innominato ha effettivamente subito un cambiamento netto e l'uomo ha iniziato ad occuparsi solo di opere di bene. L'uomo ha mantenuto tutta la sua sicurezza ed il suo orgoglio, ed alle altre persone, adesso che gira per le strade senza armi, dà ancora più l'idea di non curarsi di alcun pericolo. Ha per questo il rispetto, la venerazione e l'ammirazione di tutti.
Proprio per questo l'Innominato, ricevute le prime richieste di protezione e provando gioia nel vedere che il suo castello veniva scelto per quello scopo da coloro che prima lo temevano, fa spargere la voce della sua disponibilità ad accogliere gente. Nel castello vengono così preparati letti e immagazzinate vivande per ospitare il maggior numero possibile di persone. I suoi servitori vengono ora armati con il solo scopo di difendere gli ospiti contro possibili attacchi portati da Lanzichenecchi o cappelletti.
Agnese nel frattempo, decisa anch'essa a lasciare subito il paese, ma non di seguire l'altra gente, temendo che il denaro che ancora le rimaneva dalla donazione dell'Innominato potessero darle problemi, decide di trovare rifugio nel castello dell' Innominato, e per fare ciò è intenzionata a prendere Don Abbondio come guida. La donna si reca alla casa del curato, la sua proposta viene subito accettata da Perpetua, ed i tre, nonostante i dubbi del religioso, si mettono subito in viaggio. L'ultimo saluto di don Abbondio alla sua chiesa esprime tutto il suo egoismo "al popolo tocca a custodirla, che serve a loro". Giunti nel paese del sarto, i tre personaggi si fermano a pranzare nella casa dell'uomo che tenta di rassicurarli. Dopo pranzo, il sarto fa chiamare infine una baroccio ed i tre riprendono il loro viaggio verso il castello.
Dal giorno dell'incontro con il cardinale Federigo Borromeo, la vita dell'Innominato ha effettivamente subito un cambiamento netto e l'uomo ha iniziato ad occuparsi solo di opere di bene. L'uomo ha mantenuto tutta la sua sicurezza ed il suo orgoglio, ed alle altre persone, adesso che gira per le strade senza armi, dà ancora più l'idea di non curarsi di alcun pericolo. Ha per questo il rispetto, la venerazione e l'ammirazione di tutti.
Proprio per questo l'Innominato, ricevute le prime richieste di protezione e provando gioia nel vedere che il suo castello veniva scelto per quello scopo da coloro che prima lo temevano, fa spargere la voce della sua disponibilità ad accogliere gente. Nel castello vengono così preparati letti e immagazzinate vivande per ospitare il maggior numero possibile di persone. I suoi servitori vengono ora armati con il solo scopo di difendere gli ospiti contro possibili attacchi portati da Lanzichenecchi o cappelletti.
Riassunto capitolo 28 Promessi sposi
Il narratore si accinge a rievocare i grandi eventi storici che coinvolgeranno i personaggi del
romanzo.
Dopo i tumulti di San Martino sembrò improvvisamente tornata l'abbondanza a Milano, un' abbondanza che però non durò molto. Il pane venne prodotto in grosse quantità e venduto sottocosto, la popolazione assediò così nuovamente i forni per fare scorta di pane e farina e inziò ad arrivare in città anche gente dalla campagna per godere dei benefici provvisori, accelerando così la nuova carestia e peggiorando la situazione. Alcune leggi tentarono inutilmente di evitare il consumo sfrenato, altre cercarono di limitare l'acquisto di pane da parte dei abitanti della provincia, in ogni caso si vietò ai fornai di interromperne la produzione e di rivederne il prezzo. Il 24 di Dicembre vennero infine impiccati i presunti responsabili dei tumulti ed improvvisamente l'assurda tariffa fissata per il pane cessò di valere. Il governo, sopraffatto dagli eventi, li abbandonò infine, inerme, al loro corso.
Gli effetti della carestia erano oramai gravissimi: botteghe e fabbriche erano deserte, le strade si riempirono di mendicanti di ogni sorta (ex servitori, garzoni, bravi..), abitanti della città ma anche provenienti dalla campagna. Le vie abbondavano di sporcizia ed inziavano ad esserci i primi morti di stenti. Numerose furono le opere di carità da parte del cardinale Federigo Borromeo, ma purtroppo la richiesta era maggiore. Tanti ne morivano ogni giorno, tanti di nuovi ne arrivavano subito dai paesi vicini; ma esisteva anche un flusso contrario di gente che abbandonava la città alla ricerca di maggiore fortuna altrove. Il forte contrasto tra ricchezza e povertà, tipico del periodo storico, venne fortemente smorzato; i ricchi si distinguevano solo per la loro mediocrità e giravano per la città con abiti e modi dimessi.
Il tribunale della sanità avvertì del pericolo contagio e propose di raccogliere gli accattoni in diversi ospizi. Le decisioni in merito tardarono però ad arrivare e la situazione peggiorò di giorno in giorno. Si decise infine, contro il parere della sanità, di raccogliere tutti gli accattoni, sia sani che malati, in un solo luogo, il lazzaretto: una costruzione a pianta quadrata di duecentottantotto stanze costruita nel 1498 come ricovero per gli ammalati di peste. Venne emesso un editto per invitare tutti gli accattoni a recarsi al lazzaretto; molti ci andarono di propria volontà, gli infermi ci vennero trasportati, tutti gli altri furono costretti ad entrarci con la forza. Il numero finale degli accattoni raccolti fu prossimo alle diecimila unità. L'impossibilità a mantenere l'ordine a causa dell'enorme varietà di gente presente, il sovraffollamento della struttura, la scarsa qualità degli alimenti forniti e dell'acqua disponibile, il clima avverso ed infine anche la situazione di per sè angosciosa, non fecero altro aumentare ulteriormente la mortalità. La situazione divenne insopportabile e fu quindi inevitabile l'annullamento del provvedimento: la persone sane furono liberate e per la stragrande maggioranza degli altri non ci fu nulla da fare. La città di Milano tornò a brulicare di mendicanti ma almeno, arrivato il periodo del raccolto, si liberò della gente venuta dalla campagna, che ci fece ritorno ai propri campi. Intanto però è pronto il nuovo raccolto: i contadini tornano al loro lavoro, cessa la carestia e la mortalità diminuisce. Ma si profila il nuovo flagello della guerra. Gli intrighi diplomatici tra i grandi, dopo aver posto fine all’assedio di Casale, portano l’ esercito imperiale a percorrere il Milanese per recarsi all’assedio di Mantova. Le truppe di Lanzichenecchi, soldati di mestiere che lo compongono, portano con sé la peste, ma le autorità sottovalutano questo pericolo. Rimosso per i cattivi successi della guerra, don Ponzalo lascia Milano accompagnato dagli scherni del popolo che lo incolpa della fame sofferta sotto il suo governo. Come tutti gli eserciti del tempo, anche quello tedesco pratica il saccheggio dei paesi che incontra nel proprio tragitto e la sua discesa attraverso la Valtellina e la Valsassina porta terrore e distruzione. Cessò così la carestia e la mortalità inziò a diminuire progressivamente, ma arrivò però un altro flagello: la guerra.
Nel frattempo il cardinale di Richelieu, terminata la contesa per il possesso della Roccella, convinto il consiglio francese ed ottenuto con la forza il lascia passare dal duca di Savoia, aveva condotto un esercito in Italia per sostenere Carlo Gonzaga nella guerra per la successione al ducato di Mantova e del Monferrato. Don Gonzalo aveva anche subito abbandonato l'assedio di casale per fare ritorno a Milano; venne poco dopo rimosso dalla sua carica di governatore come punizione per l'insuccesso ottenuto nella guerra intrapresa. Il grosso dell'esercito francese fece poi subito ritorno in patria, ma mentre questo se ne andava da una parte, dall'altra quello imperiale, ricevuto da Carlo Gonzaga il rifiuto di lasciare i domini dei territori nelle mani dell'imperatore, era già pronto a discendere lungo l'Adda dalla valtellina per recarsi a Mantova. I soldati che lo componevano, i Lanzichenecchi, erano portatori di peste, mercenari, difficili da tenere all'ordine e tacitamente ricompensati del servizio con i frutti del saccheggio. La loro discesa lungo il fiume Adda, passando anche dal territorio di Lecco, fu carratterizzato da terrore e distruzione; nessuno e niente riuscì a rimanere integro al loro passaggio.
Dopo i tumulti di San Martino sembrò improvvisamente tornata l'abbondanza a Milano, un' abbondanza che però non durò molto. Il pane venne prodotto in grosse quantità e venduto sottocosto, la popolazione assediò così nuovamente i forni per fare scorta di pane e farina e inziò ad arrivare in città anche gente dalla campagna per godere dei benefici provvisori, accelerando così la nuova carestia e peggiorando la situazione. Alcune leggi tentarono inutilmente di evitare il consumo sfrenato, altre cercarono di limitare l'acquisto di pane da parte dei abitanti della provincia, in ogni caso si vietò ai fornai di interromperne la produzione e di rivederne il prezzo. Il 24 di Dicembre vennero infine impiccati i presunti responsabili dei tumulti ed improvvisamente l'assurda tariffa fissata per il pane cessò di valere. Il governo, sopraffatto dagli eventi, li abbandonò infine, inerme, al loro corso.
Gli effetti della carestia erano oramai gravissimi: botteghe e fabbriche erano deserte, le strade si riempirono di mendicanti di ogni sorta (ex servitori, garzoni, bravi..), abitanti della città ma anche provenienti dalla campagna. Le vie abbondavano di sporcizia ed inziavano ad esserci i primi morti di stenti. Numerose furono le opere di carità da parte del cardinale Federigo Borromeo, ma purtroppo la richiesta era maggiore. Tanti ne morivano ogni giorno, tanti di nuovi ne arrivavano subito dai paesi vicini; ma esisteva anche un flusso contrario di gente che abbandonava la città alla ricerca di maggiore fortuna altrove. Il forte contrasto tra ricchezza e povertà, tipico del periodo storico, venne fortemente smorzato; i ricchi si distinguevano solo per la loro mediocrità e giravano per la città con abiti e modi dimessi.
Il tribunale della sanità avvertì del pericolo contagio e propose di raccogliere gli accattoni in diversi ospizi. Le decisioni in merito tardarono però ad arrivare e la situazione peggiorò di giorno in giorno. Si decise infine, contro il parere della sanità, di raccogliere tutti gli accattoni, sia sani che malati, in un solo luogo, il lazzaretto: una costruzione a pianta quadrata di duecentottantotto stanze costruita nel 1498 come ricovero per gli ammalati di peste. Venne emesso un editto per invitare tutti gli accattoni a recarsi al lazzaretto; molti ci andarono di propria volontà, gli infermi ci vennero trasportati, tutti gli altri furono costretti ad entrarci con la forza. Il numero finale degli accattoni raccolti fu prossimo alle diecimila unità. L'impossibilità a mantenere l'ordine a causa dell'enorme varietà di gente presente, il sovraffollamento della struttura, la scarsa qualità degli alimenti forniti e dell'acqua disponibile, il clima avverso ed infine anche la situazione di per sè angosciosa, non fecero altro aumentare ulteriormente la mortalità. La situazione divenne insopportabile e fu quindi inevitabile l'annullamento del provvedimento: la persone sane furono liberate e per la stragrande maggioranza degli altri non ci fu nulla da fare. La città di Milano tornò a brulicare di mendicanti ma almeno, arrivato il periodo del raccolto, si liberò della gente venuta dalla campagna, che ci fece ritorno ai propri campi. Intanto però è pronto il nuovo raccolto: i contadini tornano al loro lavoro, cessa la carestia e la mortalità diminuisce. Ma si profila il nuovo flagello della guerra. Gli intrighi diplomatici tra i grandi, dopo aver posto fine all’assedio di Casale, portano l’ esercito imperiale a percorrere il Milanese per recarsi all’assedio di Mantova. Le truppe di Lanzichenecchi, soldati di mestiere che lo compongono, portano con sé la peste, ma le autorità sottovalutano questo pericolo. Rimosso per i cattivi successi della guerra, don Ponzalo lascia Milano accompagnato dagli scherni del popolo che lo incolpa della fame sofferta sotto il suo governo. Come tutti gli eserciti del tempo, anche quello tedesco pratica il saccheggio dei paesi che incontra nel proprio tragitto e la sua discesa attraverso la Valtellina e la Valsassina porta terrore e distruzione. Cessò così la carestia e la mortalità inziò a diminuire progressivamente, ma arrivò però un altro flagello: la guerra.
Nel frattempo il cardinale di Richelieu, terminata la contesa per il possesso della Roccella, convinto il consiglio francese ed ottenuto con la forza il lascia passare dal duca di Savoia, aveva condotto un esercito in Italia per sostenere Carlo Gonzaga nella guerra per la successione al ducato di Mantova e del Monferrato. Don Gonzalo aveva anche subito abbandonato l'assedio di casale per fare ritorno a Milano; venne poco dopo rimosso dalla sua carica di governatore come punizione per l'insuccesso ottenuto nella guerra intrapresa. Il grosso dell'esercito francese fece poi subito ritorno in patria, ma mentre questo se ne andava da una parte, dall'altra quello imperiale, ricevuto da Carlo Gonzaga il rifiuto di lasciare i domini dei territori nelle mani dell'imperatore, era già pronto a discendere lungo l'Adda dalla valtellina per recarsi a Mantova. I soldati che lo componevano, i Lanzichenecchi, erano portatori di peste, mercenari, difficili da tenere all'ordine e tacitamente ricompensati del servizio con i frutti del saccheggio. La loro discesa lungo il fiume Adda, passando anche dal territorio di Lecco, fu carratterizzato da terrore e distruzione; nessuno e niente riuscì a rimanere integro al loro passaggio.
Riassunto capitolo 27 Promessi sposi
- Il capitolo 27 si apre con la narrazione dell' autore che si appresta a fornire informazioni sulla guerra per la successione al ducato di Mantova e del Monferrato. Narra che morto Vincenzo Gonzaga, gli succede Carlo Gonzaga, dal ramo francese di Nevers, ma la Spagna gli contrappone, per Mantova, Ferrante Gonzaga, principe di Guastalia, e per il Monferrato Carlo Emanuele I° di Savoia. Don Ponzalo, governatore di Milano, vuol fare una guerra in Italia per desiderio di gloria personale e si allea con il duca di Savoia, per dividere con lui il Monferrato. Porta pertanto l’assedio a Casale, ma l’operazione si rivela lunga e infruttuosa. La sua protesta presso la Repubblica veneta a proposito della fuga di Renzo si rivela dovuta a contingenti motivi politici. Nel frattempo Renzo vuol far avere sue notizie alle due donne, ma, non sapendo scrivere, deve ricorrere a chi lo sa fare e renderlo partecipe dei suoi segreti. Si avvia così un rapporto epistolare, né rapido, né regolare con Agnese ma l’operazione di comunicare attraverso la mediazione di scrittori di professione e lettori letterati si rivela infatti assai complessa. Il giovane in ogni modo riceve da Agnese i cinquanta scudi dono dell’ Innominato, indecifrabili notizie attorno al voto di Lucia e il consiglio di mettersi il cuore in pace. Ma egli rifiuta decisamente il suggerimento e dichiara di tenere il denaro come dote di Lucia. Costei, quando viene a sapere che Renzo è sano e salvo, prova un gran sollievo e desidera solo che egli “pensi a dimenticarla”, proponendosi di fare altrettanto. A complicare le cose interviene donna Prassede, che cerca ogni occasione per parlare di Renzo come di un delinquente, pensando così di farlo dimenticare a Lucia. La giovane si sente continuamente costretta a difendere il suo promesso e si trova dunque in un gran turbamento. Per fortuna Lucia non è l’unica persona che donna Prassede si propone di guidare. Dispone infatti di numerose figlie e di un marito, don Ferrante, uomo di studio cui non piace né comandare, né ubbidire: lascia dunque alla moglie il governo della casa, ma è geloso della propria indipendenza. Il suo regno è la biblioteca, dove ha raccolto più di 300 volumi. Addottrinato nella storia e nella politica, merita e gode del titolo di professore nella scienza cavalleresca, tanto da essere interpellato spesso in affari d’onore.Intanto trascorre un anno in cuio non si registra nessun cambiamento, ma solo continui turbamenti e angosce mescolate a speranze.
domenica 29 luglio 2012
Riassunto capitolo 26 Promessi sposi
Don Abbondio e il cardinale Borromeo continuano a discutere:il cardinale lo rimprovera severamente per aver rinviato le nozze, per aver avuto paura dei nemici e soprattutto per non aver informato i suoi superiori dell' accaduto. Ma Federigo non vuol fare l'inquisitore: ha capito di quale stoffa sia il curato e pur
non perdonandolo, lo conforta a sperare e lo esorta alla resistenza in nome dei grandi valori della religione: la vita nostra
deve essere misurata e valutata non sullo sfondo delle cose terrene ma di quelle eterne dell'aldilà. La mattina seguente, il cardinale affida Lucia a donna Prassede che è venuta a prenderla.Cento scudi d' oro per la dote di Lucia sono inviati dall' Innominato ad Agnese, la quale subito si reca da donna Prassede per comunicare la buona notizia a Lucia. Con quei soldi, pensa Agnese, potranno raggiungere Renzo non appena si avranno sue notizie.A quel punto, Lucia informa la madre del voto di castità e la prega di mandare metà della somma al povero Renzo.Di Renzo , però non giunge nessuna notizia.Di Renzo nello Stato di Milano
nessuno sa niente, nemmeno il cardinale riesce a sapere qualcosa. Questo perché Renzo, avvertito che era ricercato dalla
polizia di Venezia incaricata da quella di Milano, aveva su suggerimento del cugino, cambiato nome in Antonio Rivolta e cambiato
filanda, pertanto quando gli inviati del cardinale giungono a cercarlo, Bortolo, non sapendo di chi si tratta nega sempre di sapere dove si trovi Renzo.
Riassunto capitolo 25 Promessi sposi
Alla notizia della conversione dell' Innominato, Don Rodrigo rimase scioccato e turbato;temndo la visita del cardinale Borromeo in paese, decide di partire un pò per Milano. Intanto nel paesello di Renzo e Lucia giunge anche la notizia del rapimento e della successiva liberazione, da parte
dell'Innominato, di Lucia. Nel sentire quei racconti, la gente trova il coraggio per manifestare il suo odio verso
don Rodrigo, il podestà, Azzecca-garbugli e tutti gli altri amici del signorotto.
Gli abitanti del villaggio di Renzo e Lucia, accolgono festosamente il
vescovo in visita pastorale; solo don Abbondio, infastidito da tutta quell'animazione e preoccupato per i possibili rimproveri di
Federigo, non condivide la gioia generale. Agnese e Lucia ricevono l' invito a recarsi da donna Prassede,una gentildonna milanese sempre disposta a fare del bene, che in quei giorni si trovava in un paese poco distante per villaggiatura. L'intento della nobildonna non è però solo quello di proteggere la ragazza,
ma anche quello di indurla a dimenticare quel Renzo che, secondo donna Prassede, è un poco di buono infatti la
nobildonna è una superficiale che esercita la carità senza realmente volere il bene del prossimo.Intanto Don Abbondio viene convocato dal cardinale che gli chiede spiegazioni circa la mancata celebrazione delle nozze di Renzo e Lucia.Inizialmente, il curato tenta invano di discolparsi, ma poi crolla e racconta delle minacce di morte subite.A quelle parole, il cardinale gli ricorda il primo compito di un sacerdote, ossia proteggere i suoi fedeli . Don Abbondio si sente come un pulcino negli artigli del falco che lo tengono sollevato in una regione sconosciuta; così a testa bassa tace mortificato.
Riassunto capitolo 24 Promessi sposi
Lucia si è svegliata da poco quando allo porta della sua prigione, bussano Don Abbondio e la buona donna del villaggio che subito la rassicura circa la fine della sua brutta avventura.Lucia ,in lacrime, ha la convinzione che la Madonna abbia ascoltato le sue preghiere e quindi deve rispettare il voto di castità da lei predetto.Nell'uscire, Lucia incontra poi l'Innominato e, dopo un
primo moto di paura, trova la forza per ringraziarlo, ma l' uomo invece le chiede perdono. Lucia e la donna salgono infine sulla lettiga e il gruppo si avvia verso
il villaggio.Durante il viaggio verso casa, Don Abbondio appare timoroso e contrariato per l' atto fatto dall' Innominato infatti teme che Don Rodrigo possa pensare che centri lui nella liberazione di Lucia. Il curato, sempre parlando con se stesso, se la prende dunque con tutti e poi stabilisce di affidare alle chiacchiere di Perpetua il compito di riferire a don Rodrigo la propria completa
estraneità ai fatti, e, giunto in paese, si avvia verso la propria parrocchia senza neppure salutare il cardinale, mentre Lucia rimane ospita della brava donna, moglie di un sarto.Lucia intanto ricorda le tragiche ore del rapimento e trova conforto solo nella preghiera. Nella casa fanno il loro ingresso il capo famiglia, il sarto, e i figli. L'uomo, un popolano
amante della lettura, parla diffusamente della predica del cardinale e dell'obbligo alla carità. Poi, per mettere in pratica
quelle parole, fa portare da una della figlie, del cibo ad una famiglia povera del vicinato.
Intanto Agnese, condotta verso
la casa del sarto, incontra don Abbondio il quale la rassicura circa la sorte di Lucia e le raccomanda di tacere a proposito
del mancato matrimonio.Dopo aver pranzato con l' Innominato e parlato a lungo con lui, il cardinale Borromeo decide di andare in villaggio a casa del sarto, per far visita a Lucia. Lucia e Agnese ricevono il cardinale e Agnese svela i particolari della vicenda, sottolineando le
colpe di don Abbondio. Al termine del colloquio il cardinale si trattiene con i padroni di casa, e il sarto, che vorrebbe far bella
figura con qualche citazione dotta, non riesce quasi a parlare. Parlando poi con il parroco, il vescovo individua il modo di ricompensare il sarto per la sua generosità: pagherà i
debiti che gli abitanti del villaggio hanno contratto con lui.
Rientrato al castello, l'Innominato convoca i suoi bravi
con la consueta autorità. Egli comunica loro la sua conversione e dà nuove disposizioni affinché nei suoi territori non si
commettano più violenze e iniquità. I bravi accolgono il cambiamento con atteggiamenti diversi, ma nessuno osa replicare.
Infine, dopo aver ritrovato la forza e le parole per pregare, l'Innominato a posto con la sua coscienza, viene colto dal sonno, e si
addormenta.
venerdì 27 luglio 2012
Riassunto capitolo 23 Promessi sposi
Nonostante gli inviti ad essere prudente, il cardinale Borromeo accoglie l'INNOMINATO con un volto premuroso e sereno e con le braccia aperte.Di fronte ad un'accoglienza così fraterna,l' Innominato, profondamente commosso, dà sfogo al proprio rimorso,al proprio pentimento e chiede perdono. Il cardinale parla poi del perdono divino e a quelle parole, l'Innominato scoppia in pianto: la sua
conversione è avvenuta e i due possono abbracciarsi.
Il nobile racconta poi al vescovo del rapimento di Lucia e dichiara di
volerla liberare al più presto.
Federigo manda a chiamare il cappellano, il parroco del paese e don Abbondio,
affinché si possa organizzare la liberazione di Lucia.
L'Innominato e don Abbondio si apprestano ad iniziare il viaggio assieme al lettighiero del vescovo e a una donna
incaricata dal parroco. Nell'attraversare la piazza gremita di gente che si pone tante domande,cl'Innominato è guardato con ammirazione dalla folla che
ha già saputo della sua conversione.
Usciti dall'abitato, don Abbondio, ancora scettico circa il reale pentimento di
quell'uomo, comincia un lungo soliloquio nel quale se la prende con coloro che hanno minacciato il suo quieto vivere infatti accusa
don Rodrigo di cercare sempre guai e di coinvolgervi anche gli altri, all'Innominato rimprovera il troppo clamore suscitato
dalla sua conversione e al cardinale, la precipitazione nel fidarsi del nobile e, soprattutto, nell'affidargli il destino di
un sacerdote.
L'Innominato intanto, appare turbato dai rimorsi e dalle preoccupazioni per la nuova vita. Intanto i tre
oltrepassano la Malanotte e giungono nei pressi del castello, dove i bravi guardano il loro signore con perplessità e rispetto. Una
volta arrivati sulla spianata antistante il castello, il nobile prega la donna di far subito coraggio a Lucia; poi
l'accompagna, assieme a don Abbondio, nella stanza dov'è rinchiusa la ragazza.
Riassunto capitolo 22 Promesssi sposi
Un bravo informa l'Innominato che i villaggi vicini sono in festa per la visita del vescovo.Seguto da uno dei suoi bravi, l' Innominato, decide di incontrarlo nella speranza che questi possa aiutarlo a superare la crisi interiore che lo sta tormentando.Prima di lasciare il castello, egli si reca a far visita a Lucia e, trovandola ancora addormentata,incarica l' anziana donna di rassicurarla e tranquillizzarla, facendole sapere che comunque al suo ritorno l' avrebbe liberata.L'Innominato giunge in paese tra lo stupore e il timore della gente, che non lo ha mai visto senza un seguito di
bravi. Fattosi indicare il luogo ove poter trovare il cardinale, vi si reca, seminando inquietudine tra i sacerdoti lì raccolti
e nell'animo del cappellano crocifero al quale egli chiede di poter vedere il vescovo.Il cardinale Borrome è nato da una nobile famiglia nel 1564, ma nonostante la sua ricchezza ha sempre rifiutato onori e privilegi.Nel 1580 divenne sacerdote e nel 1595 divenne arcivescovo di Milano continuando a vivere con modestia e parsimonia.Era un uomo che faceva sempre l' elemosima, amava i deboli e i poveri facendo di tutto per aiutarli. Fin
dall'infanzia pone attenzione al rispetto dei principi cristiani. Continua, malgrado la prestigiosa carica, la sua scelta di vivere all'insegna
della povertà e della carità. All'impegno pastorale aggiunge quello culturale, fondando la biblioteca Ambrosiana:
un'istituzione innovativa che fa del suo fondatore un precursore dei moderni uomini di cultura. Il carattere mite e affabile
completa poi il ritratto morale del cardinale, facendone un esempio di vita cristiana.
Il cardinale Borromeo, accoglie l' Innominato con tranquillità e proprio il violento Innominato, dà sfogo al proprio rimorso, al proprio pentimento e chiede perdono dei suoi delitti commessi, a partire proprio dal caso di Lucia.Conosciute le disavventure della povera giovane,il cardinale dispone che Don Abbondio accompagni,insieme ad una donna del villaggio,l' Innominato al suo castello e prelevi Lucia.Don Abbondio appare titubante ma comunque incapace di opporsi e così a dorso di una mula, giungono al castello.
Il cardinale Borromeo, accoglie l' Innominato con tranquillità e proprio il violento Innominato, dà sfogo al proprio rimorso, al proprio pentimento e chiede perdono dei suoi delitti commessi, a partire proprio dal caso di Lucia.Conosciute le disavventure della povera giovane,il cardinale dispone che Don Abbondio accompagni,insieme ad una donna del villaggio,l' Innominato al suo castello e prelevi Lucia.Don Abbondio appare titubante ma comunque incapace di opporsi e così a dorso di una mula, giungono al castello.
martedì 24 luglio 2012
Riassunto capitolo 21 Promessi sposi
L' inserviente dell' Innominato, attende Lucia alla Malanotte e accogliendola con parole gentili e cortesi, l' accompagna al castello.Intanto il Nibbio corre dal suo signore per riferirgli l'esito della missione e
confida al suo padrone di aver provato stranamente compassione e pietà per la giovane Lucia.
Sorpreso dalle dichiarazioni del bravo, l'Innominato appare sempre più indeciso sul da farsi e decide
di vedere di persona la fanciulla.Entra nella stanza e vede finalmente
Lucia che prega il nobile di liberarla, ricordandogli il perdono divino quale compenso per
gli atti di misericordia. L'Innominato, sempre più turbato dalle preghiere della giovane, lascia intuire che la libererà
l'indomani.
Lucia rimane sola con la vecchia servitrice dell'Innominato, la quale, sotto comando del nobile,cerca, in modo un po' goffo, di farle coraggio. La fanciulla rifiuta però il cibo e il letto preparati per lei e rimane
accucciata a terra, immersa nella preghiera, pronunciando il voto della Verginità alla Madonna se la farà uscire salva da quella disavventura.Infine, rasserenata, si addormenta all'alba.
Dopo il colloquio con Lucia, l'Innominato non riesce a
liberarsi dall'immagine della fanciulla. Messosi a letto, egli cerca di recuperare il temperamento di un tempo, ma ogni
pensiero di imprese criminose gli riesce sgradevole. Il futuro gli si presenta privo di interesse e motivazione mentre il passato diventa una
fonte inesauribile di rimorsi peccati, di cui ormai non riesce a liberarsi. Giunto ormai alla disperazione, si appresta al suicidio, ma l'eventualità che esista una vita
eterna lo induce a desistere. Il ricordo delle parole di Lucia sul perdono divino riaccende però in lui la speranza.
L'Innominato decide che libererà la fanciulla il giorno successivo.
All'alba, il nobile sente un suono allegro di campane
e vede gente festosa nella valle. Incuriosito egli incarica un suo bravo di verificare le ragioni di tanta animazione.
Riassunto capitolo 20 Promessi sposi
Questo capitolo si apre con la descrizione del castello dell' Innominato, che si trova al di sopra di una valle stretta e ombrosa,piena di tane e di precipizi.La similitudine con l' aquila che dall' alto del suo nido intriso del sangue delle sue vittime, domina la vallata, sintetizza le doti di rapacità e potenza proprie del personaggio.Intanto Don Rodrigo vi
giunge e viene accolto da un ragazzaccio armato di tutto punto. Dopo aver deposto le armi, il signorotto viene accompagnato al
castello dai bravi dell'Innominato, mentre i suoi accompagnatori, ad eccezione del Griso, devono rimanere alla taverna. Di fronte al potente signore, Don Rodrigo dice di essere venuto per consiglio e per aiuto e così gli espone il suo desiderio di far rapire Lucia nonostante la protezione del monastero.
Seppure a malincuore, l'Innominato accetta, sapendo di poter contare sull'aiuto di Egidio, l'amante di Gertrude.L'Innominato ripensa ai suoi crimini e appare terrorizzato dall'idea della morte e del
giudizio divino e quindi appare quasi pentito della decisione di aiutare Don Rodrigo infatti il pensiero del rapimento di Lucia lo turba; ma per non ascoltare la voce della propria coscienza, egli
invia subito il Nibbio, il capo dei suoi bravi, da Egidio, per predisporre il piano criminoso.Egidio accetta senza esitazione e viene coinvolta anche Gertrude che, riesce ad inviare Lucia fuori dal convento, con il
pretesto di portare un messaggio al padre guardiano dei cappuccini.
Giunta in una strada solitaria, Lucia viene avvicinata
con l'inganno dai bravi dell'Innominato e caricata a forza su una carrozza.Lucia urla, cerca di gettarsi fuori dalla carrozza, sviene, si riprende e implora i suoi rapitori di lasciarla libera.Alla fine si rifugia nella preghiera.
Nel vedere la carrozza che si avvicina alla Malanotte, l'Innominato è sempre più inquieto , insicuro e triste ma improvvisamente decide di non farla condurre direttamente da don Rodrigo.Il nobile manda dunque a chiamare una vecchia serva e le ordina di raggiungere la carrozza e di fare
coraggio a Lucia. Il ritratto fisico e morale della serva: una vecchia decrepita, pigra e stizzosa.
Lucia arriva al
castello dell'Innominato che intanto è sempre più insicuro, inquieto e misterioso.
Riassunto capitolo 19 Promessi sposi
Raccolta la richiesta d' aiuto del conte Attilio, il potente zio decise di avere un colloquio con il padre provinciale dal quale dipendono tutti i cappuccini della provincia.A tal punto, il conte zio, invitò a pranzo il padre provinciale e nel corso di una conversazione riservata, le due autorità concordano sulla volontà di far trasferire padre Cristoforo.Intanto , Don Rodrigo mette in atto il suo piano di rivolgersi all' Innominato, un terribile uomo che per la paura che incute, non è mai nominato esplicitamente infatti a causa dei suoi innumerevoli delitti,è stato bandito dal Ducato ma comunque risiede indisturbato nel suo castello tra il Ducato di Milano e la repubblica di Venezia, a capo dei suoi bravi.Don Rodrigo, immerso tra mille pensieri ma comunque sempre più sicuro, si reca indisturbato verso il castello dell' Innominato per raggiungere il suo obbiettivo.
lunedì 23 luglio 2012
Riassunto capitolo 18 Promessi sposi
Lo stesso giorno in cui Renzo arriva dal cugino Bortolo, al podestà di Lecco viene richiesto da parte della giustizia di procedere all'arresto di Lorenzo Tramaglino. Il ragazzo non viene ovviamente trovato e la sua casa viene perquisita e saccheggiata. In paese si viene a sapere che Renzo è scappato dopo aver commesso qualcosa di grosso, ma dei particolari non si sa nulla.
Non appena i tumulti milanesi sono placati, dal momento che temeva nella confusione di subire vendette, Attilio parte per la città per chiedere al conte zio di togliere di mezzo padre Cristoforo. Nel frattempo il Griso torna dalla sua missione e Don Rodrigo viene a sapere che le donne si trovano nel convento di Monza sotto la protezione di Gertrude.Don rodrigo sa che il rapimento della ragazza in un convento di una grossa città è una missione quasi impossibile e l 'uomo è quindi sul punto di abbandonare l'impresa, ma la paura di perdere l'onore inizia a tormentarlo così chiede aiuto all'Innominato, un nobile tristemente noto per le sue imprese criminali. Il successo della missione del cugino, l'immediata partenza di padre Cristoforo da Pescarenico ed il ritorno di Agnese in paese (Lucia è quindi ora sola), danno all'uomo la forza necessaria per farlo combattere. Intanto, la notizia dei tumulti di Milano arriva anche al convento di Monza, e Lucia ed Agnese vengono così a sapere che Renzo, reputato essere uno dei capi della rivolta, è scappato alla giustizia ed ora è un ricercato. Un messaggero di padre Cristoforo fa loro visita e conferma la notizia, aggiungendo che il giovane è riuscito a scappare oltre confine, nel bergamasco.
Nel frattempo Lucia viene a conoscenza della triste storia di Gertrude e inizia così a comprendere l'origine del suo atteggiamento bizzarro.Non avendo più ricevuto notizie da fra Cristoforo, Agnese decide di abbandonare il convento e di passare da Pescarenico prima di tornare a casa. Nel suo viaggio è aiutata dal pescatore che aveva portato le prime notizie certe di Renzo. Giunta a Pescarenico, Agnese apprende da fra Galdino che padre Cristoforo è stato trasferito a Rimini. La donna torna così al proprio paese in preda allo sconforto. Il conte Attilio si rivolge ad uno zio, membro del Consiglio segreto, perché questi, che è in confidenza con il padre provinciale dei cappuccini, intervenga per far trasferire fra Cristoforo. Per convincerlo, Attilio espone, a proposito dello scontro tra il frate e don Rodrigo, una propria versione dei fatti menzognera e calunniosa.
Non appena i tumulti milanesi sono placati, dal momento che temeva nella confusione di subire vendette, Attilio parte per la città per chiedere al conte zio di togliere di mezzo padre Cristoforo. Nel frattempo il Griso torna dalla sua missione e Don Rodrigo viene a sapere che le donne si trovano nel convento di Monza sotto la protezione di Gertrude.Don rodrigo sa che il rapimento della ragazza in un convento di una grossa città è una missione quasi impossibile e l 'uomo è quindi sul punto di abbandonare l'impresa, ma la paura di perdere l'onore inizia a tormentarlo così chiede aiuto all'Innominato, un nobile tristemente noto per le sue imprese criminali. Il successo della missione del cugino, l'immediata partenza di padre Cristoforo da Pescarenico ed il ritorno di Agnese in paese (Lucia è quindi ora sola), danno all'uomo la forza necessaria per farlo combattere. Intanto, la notizia dei tumulti di Milano arriva anche al convento di Monza, e Lucia ed Agnese vengono così a sapere che Renzo, reputato essere uno dei capi della rivolta, è scappato alla giustizia ed ora è un ricercato. Un messaggero di padre Cristoforo fa loro visita e conferma la notizia, aggiungendo che il giovane è riuscito a scappare oltre confine, nel bergamasco.
Nel frattempo Lucia viene a conoscenza della triste storia di Gertrude e inizia così a comprendere l'origine del suo atteggiamento bizzarro.Non avendo più ricevuto notizie da fra Cristoforo, Agnese decide di abbandonare il convento e di passare da Pescarenico prima di tornare a casa. Nel suo viaggio è aiutata dal pescatore che aveva portato le prime notizie certe di Renzo. Giunta a Pescarenico, Agnese apprende da fra Galdino che padre Cristoforo è stato trasferito a Rimini. La donna torna così al proprio paese in preda allo sconforto. Il conte Attilio si rivolge ad uno zio, membro del Consiglio segreto, perché questi, che è in confidenza con il padre provinciale dei cappuccini, intervenga per far trasferire fra Cristoforo. Per convincerlo, Attilio espone, a proposito dello scontro tra il frate e don Rodrigo, una propria versione dei fatti menzognera e calunniosa.
Riassunto capitolo 17 Promessi sposi
Uscito dall'osteria di Gorgonzola, Renzo prosegue il suo cammino al buio, senza sapere dove andare e soprattutto impaurito per tutte quelle vicende. Durante il
tragitto, i suoi pensieri vanno al mercante e al suo resoconto distorto e calunnioso. Dopo aver oltrepassato alcuni paesi ed
aver scartato l'ipotesi di chiedere ospitalità, Renzo si inoltra in una zona non coltivata e poi in un bosco. Qui viene colto
da un oscuro timore, ma, proprio quando sta per tornare sui suoi passi, sente il rumore de fiume Adda e si precipita verso il
fiume.
Non potendo attraversarlo, né potendo passare la notte all'aperto, a causa del freddo, Renzo si rifugia in
una capanna abbandonata. Dopo aver recitato le preghiere della sera, il giovane tenta di addormentarsi, ma alla sua mente si
affacciano ricordi dolorosi.
Verso le sei del mattino successivo, Renzo, sullo sfondo di una magnifica aurora, riprende il
cammino verso l'Adda. Traghettato da un pescatore passa sulla sponda bergamasca del fiume;Renzo si ferma un momento a guardare la riva che ha appena lasciato, è prima contento per essere riuscito ad abbandonarla, ma poi ripensa a ciò che lascia, sospira e si abbandona al volere di Dio. Si incammina infine verso la città dove abita il cugino, chiedendo lungo la strada indicazioni senza farsi più alcuno scrupolo. Da qui, il giovane procede a piedi
verso il paese del cugino.
Renzo pranza ad un'osteria e terminato il pasto, dona le ultime monete che gli sono rimaste a una
famiglia ridotta, dalla fame, a mendicare; l'episodio gli offre lo spunto per alcune riflessioni sulla Provvidenza.
Giunto nel paese di Bortolo, Renzo si reca subito al filatoio ed incontra il cugino, che lo accoglie festosamente e si dichiara subito disposto ad aiutarlo, sebbene i tempi non siano proprio floridi. Bortolo racconta al giovane come sia stato affrontato politicamente il problema della carenza di grano
nel bergamasco e lo avverte infine che i milanesi vengono chiamati
'baggiani' da quelle parti, e che se si vuole vivere lì e necessario
accettare in silenzio quel titolo.
Renzo viene quindi presentato al padrone del filatoio e assunto come lavorante. Fu veramente una fortuna per il giovane, dal momento che non potrà più fare affidamento sui suoi averi lasciati in paese.
Renzo viene quindi presentato al padrone del filatoio e assunto come lavorante. Fu veramente una fortuna per il giovane, dal momento che non potrà più fare affidamento sui suoi averi lasciati in paese.
venerdì 20 luglio 2012
Riassunto capitolo 16 Promessi sposi
Renzo, con estrema abilità sfugge agli sbirri e rifiutando l' ipotesi di chiedere asilo in un convento,corre via cercando di uscire dalla città.Renzo, dopo aver esaminato attentamente alcuni passanti, chiede informazioni ad uno di
essi che gli ispira fiducia. Il giovane attraversa Milano e, superando con indifferenza un presidio di soldati, esce dalle mura
diretto al paese nel Bergamasco dove vive Bortolo, suo cugino.
Renzo si allontana da Milano e durante il suo cammino egli ripensa ai fatti del giorno precedente ed esamina la sua situazione. A poco a poco, giunge a Gorgonzola,paesello tra Milano e Bergamo.Qui si ferma ad un'osteria isolata dove il giovane pranza e si riposa un pò per riacquistare le energie. Con uno stratagemma, egli riesce poi a farsi indicare, dalla vecchia ostessa, la strada per il confine. Viene
poi avvicinato da un cliente che gli chiede se egli venga da Milano e se abbia informazioni sulla rivolta: Renzo, stavolta agisce con riflessione e astuzia e quindi fornisce
risposte evasive. Al gruppo degli avventori, si aggiunge poi un mercante milanese. Si tratta di un conservatore, metodico e
nemico di ogni disordine, che dà una propria personale versione degli avvenimenti. In particolare, egli dice che i capi della
rivolta sono stati tutti arrestati, tranne uno che dalla descrizione sembrava proprio lui,un uomo fermato in un'osteria che è riuscito a fuggire. Il riferimento alla vicenda
di Renzo è evidente.
Temendo di cadere nuovamente nelle mani della giustizia, Renzo lascia l'osteria di Gorgonzola e va,
quasi istintivamente, verso l'Adda cercando di raggiungere quanto prima il paese del cugino Bortolo.
Riassunto capitolo 15 Promessi sposi
La serata di Renzo ormai giunge alla fine dopo essersi scolato un numero imprecisato di bicchieri di vino e dopo aver visto allontanarsi il suo "pseudo" amico, viene lasciato solo con l' oste.Questo andava apprestandosi alla chiusura per cui decise che era giunto il momento in cui il suo ospite doveva raggiungere la propria stanza.Renzo era ubriaco e per questo motivo l' uomo capì che da solo non sarebbe riuscito a salire le scale e quindi l' oste lo aiutò ad entrare in camera.Approfittando dello stato di semi coscienza di Renzo, l' oste tentava di estrapolargli nome e cognome da poter poi registrare in tribunale: Renzo stavolta riuscì a non cadere in errore e a tacere di fronte alle insistenti domande.Il problema era che l' oste non poteva ospitare un uomo senza saperne l' identità e così , una volta fatto accomodare a letto, prese la strada verso il palazzo di giustizia per denunciare la presenza di Renzo alle autoirità pubbliche.Al mattino Renzo fu svagliato da un notaio accompagnato da due guardie che avevano avuto l' ordine di portare il ragazzo nelle carceri della città. Ben presto Renzo e gli altri uomini furono giù in strada: Renzo camminava remissivo tra le due guardie mentre il notaio li seguiva alle loro spalle. Renzo, intanto, elaborava un piano per scappare e così decide di nominare la parola " pane e giustizia" e si scatenò una rivolta cittadina che si scaraventò contro le guardie e contro il notaio.Renzo aveva ottenuto ciò che sperava e grazie alla confusione creatasi, l' innamorato riuscì a scappare.
Riassunto capitolo 14 Promessi sposi
La folla che assediava la casa del vicario comincia a sciamare, ma senza disperdersi del tutto.Per le strade, la gente commenta i fatti della giornata e prende
accordi per il giorno successivo. Renzo si avvicina ad un crocchio e tiene un piccolo "comizio" esponendo il proprio ideale di
giustizia sociale. Nel suo discorso, le vicende personali si mescolano a considerazioni di carattere generale. Il suo discorso
si conclude tra complimenti e critiche dei presenti; poi il gruppetto si scioglie. Dopo un lungo discorso tra la folla, molti hanno notato Renzo, lo hanno
ascoltato e lo hanno invitato per il giorno seguente a partecipare ad un
comizio in programma a a piazza DUOMO. Il giovane montanaro chiede che gli venga
consigliata un'osteria, ed uno sconosciuto si incarica di accompagnarlo.
Malgrado le proteste dello sconosciuto
accompagnatore, che vorrebbe portarlo altrove, Renzo decide di fermarsi all'Osteria della Luna Piena.Seduti al tavolo, i due cominciano ad ordinare cibo e vino e chiacchierano sulle vicende cittadine. Intanto l'oste, pur senza darlo a vedere, riconosce nello sconosciuto un informatore della polizia.Dopo un pò comincia un comizio ed iniziano a sparlare e lanciare accuse contro i potenti, ma parlando parlando finiscono il fiasco di vino. Il giovane esibisce uno dei pani rinvenuti per terra durante la mattinata e per questo egli viene ritenuto dai
presenti uno degli assalitori del forno.
Renzo, brillo a causa del vino, si rifiuta di fornire all'oste le proprie generalità
per la registrazione degli ospiti della locanda. Il giovane, parlando ad alta voce, inizia una nuova arringa contro la
scrittura e contro l'amministrazione della giustizia. Alla fine, sostenuto dal consenso degli avventori, riesce ad evitare la
registrazione.
L'informatore della polizia, che si spaccia per uno spadaio dalle idee egalitarie, riesce, con un
espediente, a far dire a Renzo il proprio nome:Renzo Tramaglino. Poi l'uomo saluta il giovane e si dilegua rapidamente, mentre Renzo, sempre
più ubriaco, continua ad arringare la folla, suscitando l'ilarità dei presenti.
Riassunto capitolo 13 Promessi sposi
La folla si dirige verso il palazzo del vicario ma quest' ultimo, aiutato dai servi , riesce a barricarsi in casa, nascondendosi in uno stanzino.Alcuni rivoltosi, cercano di scardinare la porta del vicario per catturarlo e ucciderlo sotto gli occhi dei soldati spagnoli, che tra l' altro non osano intervenire.Renzo, al centro del tumulto, è tra coloro che si oppongono ad una giustizia somnmaria e proprio per questo motivo, dopo aver reagito con sdegno alle proposte sanguinarie di un vecchio, rischia
il linciaggio. Ad un tratto,dal fondo della piazza, fa la sua apparizione il gran cancelliere Antonio Ferrer, il quale, forte del sostegno
popolare, interviene per salvar la vita del vicario. Nella folla si creano due fazioni, l'una favorevole e l'altra ostile
all'intervento di Ferrer; ciò offre all'Autore lo spunto per una riflessione sui meccanismi delle rivolte popolari . Il
cancelliere procede in carrozza attraverso la piazza gremita di gente. Alcuni, tra cui Renzo, si adoperano affinché egli possa
avanzare, ma il cocchiere, ostentatamente cortese, è costretto a continue fermate. Ferrer promette alla folla di arrestare il
vicario e di abbassare nuovamente il prezzo del pane, ma da come procederanno le cose si capisce che le sue promesse non verranno mantenute.
Ferrer riesce infine ad entrare nel palazzo del vicario e a trarre in salvo quest'ultimo. Fattolo poi salire sulla propria
carrozza, si dirige verso il "castello" continuando a blandire la folla. Scampato il pericolo di un linciaggio Ferrer comincia
a temere per le reazioni dei propri superiori, mentre il vicario, ancora molto spaventato, annuncia di volersi ritirare in un
grotta perchè teme ancora per la sua vita e si dedica ad una vita da eremita.
giovedì 19 luglio 2012
Riassunto capitolo 12 Promessi sposi
Quello che Renzo troverà al suo arrivo è una Milano sconvolta da disordini.La carestia che stava interessando tutto il nord, si faceva particolarmente sentire nei centri abitati .Antonio Ferrer, governatore di Milano in sostituzione
momentanea dello spagnolo don Gonzalo, in quel momento impegnato nell’assedio
del casale, cercò di risolvere la situazione diminuendo il prezzo del pane per
calmare il malcontento della gente. Il
provvedimento si rivela peggiorare la situazione, soprattutto per i fornai;
così don Gonzalo nomina una giunta, che rincara il prezzo suscitando la rabbia
della folla.I forni vennero attaccati e saccheggiati, mentre il governatore perseguitato.Renzo si trovò di fronte una nuova realtàe ne rimane scioccato:ugualmente però continua le sue ricerche verso il convento.Finalmente riesce a giungere a destinazione e subito presenta all' uscio della porta la lettera destinata a Padre Bonaventura, il quale però è momentaneamente assente. Renzo è invitato ad attendere il suo ritorno e così spinto dalla curiosità, si dirige verso il centro.
mercoledì 18 luglio 2012
Riassunto capitolo 10 Promessi sposi
Gertrude non era di certo nata per fare la suora, ma sin da bambina era stata costretta a giocare con bambole vestite da religiose ed era abituata a farsi chiamare con appellativi propri dell' ambiente religioso. A sei anni entrò in monastero, ma facendosi più grandicella e confrontandosi con le altre coetanee,capiì che il suo destino era legato a quel posto, fece di tuuto per ribellarsi perchè la dwcisione era stata presa solo dai genitori.LA ragazza fa di tutto per far capire al padre che la sua volontà è ben diversa dalla vita religiosa ma purtroppole sue grida e i suoi pianti non hanno l' effetto desiderato.Così è costretta ad entrare in convento, nonostante un colloquio fatto col padre guardiano per attestare che la decisione non è influenzata da fattori esterni.La ragazza non ha il coraggio di dire la verità e tra i tanti festeggiamenti si trova a diventare suora per sempre. La vita del chiostro non allontana però la
giovane dalle passioni terrene: i suoi primi anni in monastero sono dunque segnati dall'odio verso le altre suore e da
improvvisi cambiamenti d'umore.
La giovane monaca si lascia sedurre da Egidio, un nobile che abita in un palazzo attiguo al
monastero: sotto la sua nefasta influenza, Gertrude si lascia trascinare dalle passioni più violente e giunge all'omicidio di
una conversa che minacciava di svelare la tresca dei due.
Riassunto capitolo 11 Promessi sposi
Don Rodrigo, attendendo con ansia il
ritorno dei bravi, pensa alle possibili conseguenze del rapimento di Lucia, ma sa di non correre grossi rischi.
Al suo
ritorno, Griso annuncia il fallimento della spedizione e riceve severi rimproveri da Don Rodrigo. Dopo aver discusso dei fatti
della nottata, i due concordano una strategia per scoprire se vi siano state fughe di notizie sul progetto di rapimento. Il
conte Attilio viene informato dal cugino, del fallito rapimento di Lucia e attribuisce la responsabilità a fra Cristoforo. I due
cugini stabiliscono la condotta da seguire col frate per evitare altre complicazioni.
Il Griso si reca in paese per cercare di comprendere ciò che è successo
la notte precedente. Nel villaggio c'è un fitto intrecciarsi di voci: tutti i protagonisti di quei fatti turbolenti commentano
l'accaduto. Il bravo riferisce al padrone quelle voci e insieme escludono l'ipotesi di una spia interna al palazzotto. Al
termine del colloquio, don Rodrigo incarica il proprio uomo di fiducia di scoprire dove si sono rifugiati Renzo e Lucia. Grazie
alle chiacchiere del barocciaio, passate di bocca in bocca, il bravo è in grado di informare il suo signore che Lucia si trova
a Monza. Il nobile incarica allora il sicario di proseguire le ricerche: il Griso, che proprio in Monza è maggiormente
ricercato dalla giustizia, cerca di sottrarsi, ma alla fine obbedisce agli ordini. Renzo, colmo di tristezza per la separazione
da Lucia e per la partenza dal paese, procede verso Milano. Giunto alle porte della città chiede ad un passante indicazioni per
raggiungere il convento in cui è destinato.
Entrato in città, il giovane scopre con sorpresa della farina e del pane gettati
a terra ma pur con timore raccoglie tre pani. Proseguendo poi verso il centro della città, incontra parecchia gente che trasporta
affannosamente pane e farina. Viene colpito dalla vista di una famigliola particolarmente impegnata nel trasporto. Il giovane
comprende finalmente che è in atto una rivolta e che la gente sta dando l'assalto ai forni: la sua prima sensazione è di
piacere. Renzo decide di star fuori dal tumulto e si reca al convento, ma il frate portinaio gli nega l'ingresso. Il giovane
va così a curiosare tra la folla e si lascia attrarre dal tumulto.
Riassunto capitolo 9 Promessi sposi
I tre fuggitivi giungono sulla sponda del lago apposta a Pescarenico e si accomiatano dal barcaiolo che li aveva trasportati. Guidati da un barocciaio, i tre giungono fino a Monza su di un carro per poi riposarsi in una locanda. Dopo un breve pasto, Renzo dà l' addio alle due donne che vanno prima al convento dei cappuccini e poi, accompagnate dal padre guardiano,al monastero delle monache nel quale sperano di trovare ospitalità. Il frate chiede per loro la protezione di Gertude, una suora di nobile e potente famiglia,bella e giovane.Il suo modo di fare e il suo comportamento e atteggiamento nel portare l' abito monacale appare alquanto strano in quanto la suora ha atteggiamenti ostili e scontrosi alternati ad atti gentili e affettuosi.Gertrude interroga le due donne
e il padre guardiano a proposito delle vicende di Lucia. Al termine del colloquio concede ospitalità ad Agnese e
Lucia.Gertrude era figlia di un principe di origine spagnola, stanziatosi a Milano:MOLTO RICCO ma interessato a cedere l' intera eredità al figlio maschio mentre per la femmina non restava altro che il convento.
Fin dalla prima infanzia, i genitori e i parenti di Gertrude cercano, anche
con subdoli espedienti, di inculcarle l'idea della vita consacrata.
L'infanzia e l'adolescenza di Gertrude trascorrono
nel convento di Monza, dove viene educata in vista di una sua futura scelta monacale. Nei suoi rapporti con le compagne la
bambina manifesta la sua innata superbia, ma anche i primi cenni di rifiuto della vita religiosa.
Prima di prendere
definitivamente i voti ,Gertrude è ricondotta nella casa paterna. Qui viene trattata con indifferenza ed isolata al fine di
metterla a disagio e di farle desiderare il convento. Scoperto il suo innamoramento per un paggio, Gertrude viene imprigionata
in una stanza: per uscire da quella segregazione, ella si dichiara disposta a scegliere la vita consacrata.
giovedì 12 luglio 2012
Riassunto capitolo 8 Promessi sposi
Don Abbondio , ancora convalescente per la febbre causata dalla paura, trascorre il tempo dedicandosi alla lettura quando Perpetua lo interrompe dicendo che c'è Tonio alla porta con l intenzione di pagare il suo vecchio debito. Don Abbondio abbandona le letture in
cui era immerso e autorizza Perpetua a far salire Tonio.Scesa in strada, Perpetua incontra Agnese che, fingendo di passare di
lì per caso, la coinvolge in una conversazione a proposito di alcune maldicenze sul suo conto. Tonio e Gervaso accedono allo
studio del curato, mentre Renzo e Lucia, approfittando della distrazione di Perpetua, raggiungono il pianerottolo della
canonica. Tonio salda il suo debito. Renzo riesce a dire la formula del matrimonio, ma Lucia non ci riesce perchè il curato le scaraventa addosso il tappeto del tavolino.La confusione diventa generale: Don Abbondio chiede aiuto dalla finestra. Ambrogio, il
sacrestano, suona allora le campane per richiamare gente. I rintocchi svegliano l'intero paese. La gente scende in strada.I
tre bravi che erano all'osteria, escono per una ricognizione; poi chiamano i compagni appostati al casolare per il rapimento
di Lucia.
Agli ordini del Griso, il gruppo dei bravi penetra in casa della ragazza, ma non trova la vittima predestinata.
Menico, di ritorno dal convento, entra in casa di Lucia ma appena entrato il ragazzo viene afferrato dai bravi. Spaventati
dal suono delle campane questi lasciano andare Menico e fuggono.
Agnese continua a distrarre Perpetua, ma, sentite le grida di don Abbondio e i rintocchi, le due
donne corrono verso la canonica. Renzo e Lucia si ricongiungono con Agnese e vengono raggiunti da Menico, che dice loro di
fuggire verso il convento e li segue per un tratto. Intanto la gente si raduna in piazza e si reca da don Abbondio. Visto che
quest'ultimo non è più in pericolo, la folla si sposta alla casa di Lucia e scopre che le due donne sono sparite. Dopo qualche
progetto di inseguimento dei presunti rapitori, corre voce che le donne siano salve e tutti si ritirano. Renzo, Lucia, Agnese si sono intanto allontanati attraverso i
campi, accompagnati da Menico che, raccontata la sua avventura, viene poi rimandato a casa.
I tre fuggitivi giungono al
convento di Pescarenico. Dopo aver vinto le resistenze di fra Fazio, il sacrestano, fra Cristoforo li fa entrare nella chiesa
del convento ed illustra i piani di fuga che ha predisposto per loro. Dopo aver pregato per don Rodrigo, i tre lasciano il
convento e si dirigono verso il lago.
Raggiunto il lago, i tre salgono su una barca.
Lucia
piange segretamente e dà l'addio ai monti e ai luoghi nativi.
Riassunto capitolo 7 Promessi sposi
Fra Cristoforo torna dal palazzotto di don Rodrigo portando le cattive notizie della non riuscita dell'impresa. Annuncia però di avere trovato un "filo della Provvidenza"infatti si raccomanda di far andare qualcuno al convento per avere nuove informazioni.Renzo arrabbiato per la notizia ricevuta e per l' opposizione di Lucia al matrimonio a sorpresa, giura vendetta. Alla fine Lucia cede e accondiscende (a malincuore) al piano della madre. Agnese e Renzo stabiliscono insieme i dettagli del piano di matrimonio di sorpresa, mentre Lucia resta in disparte. Seguendo le indicazioni di fra Cristoforo, Agnese invia poi al convento Menico, un ragazzino suo parente.Per tutta la mattinata, dei loschi figuri vestiti da viandanti e da pellegrini si aggirano nelle vicinanze della casa di Lucia, curiosando anche all'interno dell'abitazione. Dopo lo scontro con padre Cristoforo, don Rodrigo, furibondo per non esser riuscito ad intimorire il frate
e turbato per quel “Verrà un giorno...”, cammina per il palazzo al
cospetto dei ritratti dei suoi avi, che sembrano rimproverarlo per la
sua debolezza. Per dimenticare l'episodio il nobile esce, scortato dai bravi, per una passeggiata trionfale, durante la quale egli viene ossequiato da tutti. Dopo una notte di sonno tranquillo, don Rodrigo, dimenticati i timori suscitati in lui da fra Cristoforo, predispone con il capo dei suoi bravi, il Griso, un piano per rapire Lucia. I bravi, guidati dal Griso, cominciano le loro ricognizioni in casa di Lucia (gli strani figuri visti nella casa sono i bravi travestiti). Tornati al palazzotto, il Griso dà le ultime istruzioni ai suoi compagni.Intanto il vecchio servitore si avvia alla volta del convento per riferire al frate circa il previsto rapimento di Lucia. Nel frattempo
alcuni bravi hanno già occupato le posizioni concordate ed altri si
avviano a farlo. Dopo aver preso con Agnese e Lucia gli ultimi accordi per il matrimonio a sorpresa, Renzo, assieme a Tonio e a Gervaso, si reca all'osteria e qui incontra tre individui (sono tre bravi di don Rodrigo) dal fare minaccioso. Renzo, durante la cena, chiede all'oste informazioni sui tre, ma l'oste finge di non conoscerli; al contrario, egli fornisce ai bravi diverse notizie su Renzo e i suoi amici. Usciti dall'osteria, Renzo, Tonio e Gervaso, vengono seguiti da due bravi, che si arrestano però, vedendo arrivare gente di ritorno
dai campi. I tre passano poi a chiamare Agnese e Lucia per dare il via
al matrimonio a sorpresa, e insieme si recano alla canonica, dove Tonio
bussa alla porta dicendo a Perpetua di voler saldare finalmente il debito con Don Abbondio.
Riassunto capitolo 6 Promessi sposi
Fra Cristoforo attende in mezzo alla sala don Rodrigo. Dopo un po' giunge e il signorotto con fare disinvolto, ascolta con atteggiamento di prepotente
altezzosità, la richiesta del frate cioà quella di lasciare in
pace Lucia e di consentire al matrimonio.A queste richieste don Rodrigo esce nella
battuta dicendo che se Lucia si senta da qualcuno minacciata, venga a mettersi
sotto la sua protezionee a quel punto il frate scatta in toni profetistici e pronuncia un solenne "Verrà un giorno...". Non completa la frase: don Rodrigo glielo impedisce, penetrato dentro da un segreto terrore e scaccia il frate con parole in cui si mescolano paure,volgarità, minacce. La missione di padre Cristoforo si è risolta in un fallimento ma ha lasciato misteriosamente don Rodrigo perso nelle sue paure dettate dai toni profetistici del frate.Mentre esce dal palazzo per andare a casa di Lucia,il frate incontra il vecchio servitore di don Rodrigo che l aveva accolto al suo ingresso e che in segreto l'informa che si sta
macchinando qualcosa di irregolare e di perverso egli da appuntamento l indomani al convento. È un segno della provvidenza per il frate. Intanto a casa di Lucia si mettel' immaginazione e Agnese propone un matrimonio a sorpresa:
se i due promessi in presenza del curato, anche senza il suo consenso, e
di due testimoni pronunciano la formula del matrimonio, questo è legittimo anche sul piano religioso. Renzo si attacca con entusiasmo a questa proposta. I testimoni sono subito trovati: i fratelli Tonio e Gervasio. Non c'è in un primo tempo il consenso di Lucia che vorrebbe prima parlarne a padre Cristoforo. Ma Agnese non vuole che la cosa venga detta a lui. La discussione viene interrotta dal ritorno del frate che vuole riferire l' accaduto a Lucia, Agnese e Renzo.
Riassunto capitolo 5 Promessi sposi
Fra Cristoforo opera per rimuovere le ingiustizie e per difendere gli oppressi.Il frate,
giunto alla casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne e viene informato del mancato
matrimonio. Esaminata la situazione
decide di andare a parlare con don Rodrigo per distoglierlo dal suo proposito.
Intanto Arriva anche Renzo, il quale rivela di aver
tentato invano di organizzare un agguato contro il signorotto e per i suoi propositi di vendetta viene rimproverato dal frate che decide di incamminarsi verso il palazzotto di don Rodrigo. Nel palazzotto stesso e nel villaggio sottostante tutto appare segnato da un
clima di violenza e di malvagità: ovunque si vedono armi e neppure sui volti dei bambini e dei vecchi si riesce a scorgere
l'innocenza.
Dopo aver parlato con due bravi e con un servitore, molto sorpreso di vederlo lì, fra Cristoforo viene
introdotto nella stanza da pranzo.
Attorno al tavolo, alcuni personaggi (don Rodrigo, il Podestà, il conte Attilio, Azzecca
- Garbugli e altri) discutono animatamente su una questione di cavalleria.
Il frate è chiamato ad esprimere un giudizio,
ma la sua sentenza, che invita alla pace e alla carità, viene scambiata per una battuta di spirito; il frate stesso è schernito
da don Rodrigo che gli ricorda il suo passato mondano.
La disputa cambia tema e volge poi sulla guerra per il ducato di
Mantova e sulle relative manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e Papato. In questa circostanza il Podestà si spaccia
per un fine conoscitore dei maneggi politici. Il narratore informa poi il lettore circa quella guerra, nata per la successione
al ducato di Mantova, che vede opporsi il duca di Nevers, sostenuto dalla Francia e dal papato, e Ferrante Gonzaga principe di
Guastalla, appoggiato dalla Spagna e dal duca di Savoia. Le discussioni vengono abbandonate per un attimo per lasciare posto a
un brindisi, ma subito riprendono sul tema della carestia, evocato da Azzecca - Garbugli in un suo elogio al vino. La colpa
della penuria di cibo viene attribuita ai fornai che farebbero incetta di grano per alzarne il prezzo.
È don Rodrigo a porre
fine al dibattito congedando i commensali e conducendo infine fra Cristoforo in un altra stanza.
lunedì 9 luglio 2012
Riassunto capitolo 4 Promessi sposi
La mattina seguente, piuttosto presto, padre Cristoforo esce
dal convento di Pescarenico per raggiungere la casa di Lucia:
attraversando la serena campagna, che ha i toni e i colori limpidi e
dolci del mattino, il padre osserva con dolore i segni dell'incipiente
carestia. A questo punto il Manzoni avverte il bisogno di interrompere
la trama narrativa dei due promessi per dare un profilo biografico e
morale del frate. FRà Cristoforo era un uomo sulla sessantina, dalla lunga barba bianca, umole ma fiero al tempo stesso, con due occhi vivacissimi. Prima di prendere i voti, il suo nome era Ludovico,era figlio di un grosso mercante che, dopo aver
faticato, s'era conquistata una grossa fortuna:
lo turbava la sua origine modesta di popolano: voleva essere accettato
dai nobili ed essere eguale a loro. La parola "mercante" in sua presenza
era motivo di turbamento.Ludovico era cresciuto fra l'opulenza, la servitù, con gli agi
propri dei nobili. Dai quali, nonostante i tentativi di essere
accettato, era stato sempre snobbato e lasciato da parte. Aveva però
indole buona che lo portava a proteggere i poveri, e a respingere gli
atti di ingiustizia e di sopraffazione. Tanto che a volte, disgustato
della società, aveva meditato di farsi frate. Viveva però in una grande
contraddizione: voleva essere dei nobili, ma intanto ne respingeva la
mentalità e i pregiudizi. Voleva un mondo regolato da giustizia e non
s'avvedeva che la vita dell'aristocrazia, cui voleva partecipare, era
quella della sopraffazione.Il fatto che diede una svolta
a tutta la sua vita fu il duello che dovette sostenere in pubblica
strada, lui e i suoi servi, tra cui uno che gli era molto caro e si
chiamava Cristoforo, contro un signorotto prepotente ed aggressivo,
circondato anche questo da alcuni bravi. Lo scontro ebbe ragion futili:
il prepotente voleva che Ludovico gli cedesse il passo lungo il muro:
come nobile presumeva di averne diritto. Ma questo privilegio non gli
venne riconosciuto da Ludovico che nel duello, quando vide cadere il suo
Cristoforo, persa la luce della ragione, lo ammazzò.Come fuor di sé, Ludovico viene spinto nel vicino convento dei
cappuccini: come ogni convento anche questo gode del diritto d'asilo,
che concede l'immunità a tutti coloro che vi si rifugiano: non possono
però uscirne. Ma in convento Ludovico medita su di sé, sui grandi temi
del destino dell'uomo, si converte e si fa frate. Da allora fu frate e
dentro sempre lo accompagnò il desiderio di giustizia con la energica
opposizione ai soprusi. Prima di iniziare la nuova vita, volle chiedere
perdono al fratello dell'ucciso: lo ottenne, ma la cerimonia che doveva
essere di umiliazione, si risolse in un trionfo per lui.
Riassunto capitolo 3 Promessi sposi
Lucia racconta a Renzo e ad Agnese, l episodio che la vede coinvolta con Don Roidrigo:giorni prima, nella strada del ritorno dal lavoro della filatura, le capitò di incontrare Don Rodrigo che transitava nella stessa strada insieme ad un conoscente, camminavano e avanzavano commenti non troppo carini nei confronti della bella Lucia.L' uomo avvicina Lucia lungo la strada e scommette con un altro nobile (il conte Attilio, suo cugino) che la ragazza sarà sua. Lucia ,preoccupata, rivela poi di aver narrato l'accaduto a fra Cristoforo. Dopo che Lucia
ha placato le nuove ire di Renzo, Agnese consiglia al giovane di recarsi a Lecco da un avvocato soprannominato Azzecca-garbugli
e gli consegna quattro capponi da portare in dono al dottore. Renzo si mette in cammino verso Lecco. Lungo la strada, agitato e
incollerito, dà continui strattoni ai capponi che ha in mano: le povere bestie, pur accomunate da un triste destino, si beccano
tra loro.
Ciò dà l'occasione all'Autore per riflettere sulla mancanza di solidarietà tra gli uomini. Giunto alla casa di
Azzecca-garbugli e consegnati i capponi a una serva come segno di paga, Renzo viene fatto accomodare nello studio: uno stanzone disordinato e
polveroso in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottore lo accoglie
indossando una toga consunta che lo fa apparire decrepito quanto i mobili della stanza. Azzecca-garbugli scambia Renzo per un
bravo e, per intimorirlo, legge confusamente una grida che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Credendo
che il giovane si sia camuffato tagliandosi il ciuffo che contraddistingue i bravi, si complimenta con lui per la sua astuzia.
Vengono poi proposti frammenti di gride in cui si vieta di portare il ciuffo. Renzo nega di essere un bravo, ma l'avvocato non
gli crede e lo invita a fidarsi di lui, prospettando poi una linea di difesa. Scoperto l'equivoco, Azzecca-garbugli si infuria
e rifiuta ogni aiuto, mettendolo infine alla porta. Lucia e Agnese si consultano nuovamente tra loro e decidono di chiedere
aiuto anche a fra Cristoforo. In quel momento giunge fra Galdino, un umile frate laico, in cerca di noci per il convento di
Pescarenico, lo stesso dove vive il padre Cristoforo. Per eludere le domande del fraticello circa il mancato matrimonio si
porta il discorso sulla carestia; fra Galdino racconta allora un aneddoto riguardante un miracolo avvenuto in Romagna.
Un
cappuccino, padre Macario, dissuade un uomo dal tagliare un noce ormai sterile, predicendo una formidabile raccolta di noci, la
metà delle quali avrebbe dovuto essere destinata al convento. Come predetto dal frate, l'albero fruttifica in maniera
straordinaria, ma nel frattempo il proprietario è morto e l'erede si rifiuta di donare al convento la parte concordata. A
causa di questo rifiuto, le noci raccolte si trasformano in foglie secche. Lucia dona a fra Galdino una gran quantità di noci
affinché egli, non dovendo continuare la raccolta, possa recarsi subito al convento ed esaudire la sua richiesta di inviare
presso di loro fra Cristoforo.
Renzo fa ritorno alla casa di Lucia e racconta il deludente esito del suo colloquio con
Azzecca-garbugli. Tra Renzo e Agnese si accende una piccola discussione, subito placata da Lucia, circa la validità del
consiglio di rivolgersi all'avvocato. Dopo alcuni sfoghi di Renzo ed altrettanti inviti alla calma da parte delle donne, il
giovane torna a casa propria.
Riassunto capitolo 2 promessi sposi
Don Abbondio trascorre una notte agitata tra la ricerca
di alcune scuse per non celebrare il matrimonio e incubi popolati da bravi e da agguati. Nonostante ciò riesce ad elaborare un
piano per superare le prevedibili obiezioni di Renzo e ritardare così le nozze. La mattina seguente,per prendere gli ultimi accordi per il
matrimonio, di buon mattino Renzo si reca da don Abbondio vestito in gran gala, con un cappello piumato e il pugnale dal manico
bello. Il promesso sposo è un giovane di vent'anni, rimasto orfano di ambedue i genitori fin dall'adolescenza. La sua
professione, quella di filatore di seta, e i continui risparmi, gli hanno dato una certa tranquillità economica.
Il curato
finge di non ricordarsi del matrimonio, poi, utilizzando termini latini per confondere il giovane, lascia intendere che sono
sopravvenuti degli impedimenti che obbligano a ritardare le nozze. Renzo accondiscende allo spostamento, ma rimane insospettito
dal comportamento del parroco.
Uscito dalla canonica, Renzo incontra Perpetua e riceve da lei conferma dei propri sospetti:
don Abbondio è stato minacciato da qualcuno.
Renzo torna velocemente nel salotto di don Abbondio. Dopo aver imprigionato il
parroco nella stanza, il giovane, con fare apparentemente minaccioso, lo costringe a dirgli la verità. Perpetua rientra e don
Abbondio l'accusa di aver infranto il giuramento del silenzio fatto la sera prima. Dopo un acceso battibecco tra i due, il
curato si mette a letto vinto dalla febbre. Renzo si dirige nuovamente verso casa di Lucia. Nella sua mente passano fieri
propositi di vendetta, ma al pensiero della fidanzata egli abbandona ogni ipotesi violenta. Giunto nel cortile della casa,
Renzo incarica una bambina, Bettina, di chiamare in disparte Lucia e di condurla da lui.
Lucia, orfana di padre e di
qualche anno più giovane di Renzo, è acconciata e vestita per le nozze: i suoi capelli neri sono raccolti in trecce fissate con
spilloni, indossa un corpetto di broccato con un gonna pieghettata di seta, e attorno al collo porta una modesta collana. Il
suo viso giovanile riflette una bellezza interiore.
Lucia, circondata dalle amiche, viene raggiunta dalla bambina che le
trasmette il messaggio di Renzo. La ragazza scende al piano terreno e Renzo la mette al corrente dell'accaduto, ed ella mostra
di essere già a conoscenza della passione di don Rodrigo per lei. Ai due si aggiunge poi Agnese. Lucia sale a congedare le
donne dicendo che il matrimonio è rimandato a causa di una malattia del parroco. Alcune di esse si recano alla canonica per
chiedere conferma di quella malattia e Perpetua dice loro che don Abbondio ha un febbrone.
giovedì 5 luglio 2012
Riassunto Capitolo 1 Promessi Sposi
Il romanzo si apre con un' ampia e minuziosa descrizione dei luoghi dove si ambientano le prime fasi dei Promessi Sposi: il lago, i monti che lo circondano, il fiume Adda, la città di Lecco e i paesi circostanti. Attorno al lago circondato dai monti, c'erano i campi dei
contadini, le case, i boschi che arrivavano fin su ai monti. Lecco era
una di quelle terre, a quel tempo un grosso borgo, incamminato a
diventare una grossa città.Una delle stradicciole che percorrevano i monti, veniva percorsa da don Abbondio che pronunciava il suo uffizio e tra un salmo e l'altro chiudeva il libro, a testa china e la mano destra che fungeva da segnalibro mentre l'altra era piegata dietro la schiena. Lungo la strada c'era un bivio: la strada di destra portava su al monte, l'altra andava fino giù al torrente. Come era solito fare, don Abbondio alzò la testa arrivato al bivio ma ad un tratto vide due uomini, uno di rimpetto all'altro: portavano una reticella verde al capo, due lunghi mustacchi arricciati in punta, una cintura di cuoio lucido, da essa spuntavano due pistole, un coltellaccio inserito in un taschino, degli ampi calzoni, un corno pieno di polvere da sparo, penzolante
sul petto e infine uno spadone. Si facevano conoscere come i bravi. Si
notava benissimo che aspettavano qualcuno e quel qualcuno era proprio
don Abbondio, il quale non ne fu contento. Lesse un altro dei
versi nel suo libro e affrettò il passo e quando fu tra i due uomini si
fermò; uno di loro salutò don Abbondio che chiese se i signori avessero
bisogno di qualcosa. L'altro bravo rispose che non si doveva fare, perplesso don
Abbondio rispose che cosa non si doveva fare, il bravo completò la frase
dicendo che domani il matrimonio tra Lorenzo e Lucia non si doveva
celebrare. Don Abbondio tornò a casa e difficilmente ne parlò con la sua serva Perpetua, poi andò a letto.
Nota: Già nel primo capitolo c'è la comparsa dei bravi, allora erano i servi del padrone don Rodrigo. Nella loro descrizione si vede che era gente che non scherzava, armati fino ai denti. Don Abbondio era un prete e si era fatto prete non per vocazione ma per i soldi che a quei tempi scarseggiavano, poi perché i preti erano molto autonomi e almeno avevano qualcosa da mettere sotto i denti ogni giorno. Don Abbondio non aveva un cuor di leone, ma aveva capito che in quei tempi un animale senza artigli e zanne era come un pesce fuor d'acqua, cioè se non eri dalla parte del più forte facevi presto a ritrovarti ad un metro e mezzo sotto terra.
Nota: Già nel primo capitolo c'è la comparsa dei bravi, allora erano i servi del padrone don Rodrigo. Nella loro descrizione si vede che era gente che non scherzava, armati fino ai denti. Don Abbondio era un prete e si era fatto prete non per vocazione ma per i soldi che a quei tempi scarseggiavano, poi perché i preti erano molto autonomi e almeno avevano qualcosa da mettere sotto i denti ogni giorno. Don Abbondio non aveva un cuor di leone, ma aveva capito che in quei tempi un animale senza artigli e zanne era come un pesce fuor d'acqua, cioè se non eri dalla parte del più forte facevi presto a ritrovarti ad un metro e mezzo sotto terra.
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