giovedì 2 agosto 2012

Riassunto capitolo 32 Promessi sposi

Tra carestia, guerra e peste, la spesa pubblica divenne insostenibile. Venne chiesto l'intervento del governatore Spinola, ma costui, impegnato nella guerra di successione al ducato di Mantova e del Monferrato (che dopo tante morti si risolverà con il riconoscimento del successore legittimo, Carlo Gonzaga),  trasferì la propria autorità al cancelliere Ferrer, lavandosene quindi di fatto le mani. Intanto nel
  Lazzaretto si arrivò ad avere fino a sedicimila ospiti, la mortalità giornaliera superò quota tremila e la popolazione milanese si ridusse di due terzi. Il numero di cadaveri continuò ad aumentare e non si riuscì più a stare dietro alle sepolture. La fossa vicino al Lazzaretto era inoltre ormai colma di morti. Ancora una volta venne chiesto l'aiuto dei frati cappuccini e nel giro di quattro giorni, con la realizzazione di altre tre fosse comuni, il problema venne risolto. Grazie alla carità di alcuni privati le spese pubbliche più urgenti poterono essere sotenute.
Il peggioramento della situazione contribuì a dare nuova forza alla paura della popolazione nei confronti degli untori, fino a farla divenire vera e propria pazzia. Dietro alle azioni degli untori iniziò ad essere vista la mano del diavolo, la gente inziò a dubitare dei loro stessi parenti, iniziarono a diffondersi storie deliranti e si arrivò anche ad attribuire la causa della peste al passaggio di una cometa. Il delirio iniziò a coinvolgere gli stessi medici che fin dal principio aveva combattuto da soli contro la pubblica ignoranza. Lo stesso cardinale Federigo Borromeo non escluse l'esistenza di untori e di ungenti velenosi. I pochi che riuscirono fino all'ultimo a mantenersi lucidi ed a ragionare, tanto da ritenere assurde le opinioni popolari, non vollero però ovviamente esporsi per prudenza. I magistrati, confusi e ridotti in numero ogni giorno di più, si dedicarono quasi solo alla ricerca degli untori: numerosi furono i processi ed altrettanto numerose le condanne di innocenti, accusati di aver propagato la peste.

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